Vedere o immaginare?
Sussurrare o gridare?
Evocare, mostrare quel tanto che serve a far liberare la propria immaginazione, uscire dalla dimensione voyeur per godere della propria fantasia. Una spallina della sottoveste scende e fa intravedere un seno, una distrazione spontaneamente studiata che mi inchioda alla sedia e mi porta ad immaginare e desiderare di essere l’oggetto di tanta casualità. Basta così, non datemi di più, non spingetemi a recitare il ruolo del guardone, datemi giusto il là per fremere di quella immaginazione erotica che mi spinge a sedurre anch’io una volta uscito dal cinema.
E sì, è tempo di uscire ma desidero un altro film, o forse credo di poterlo girare io stesso. Penso all’amica dell’altra sera, ci incontriamo e noto quel suo spogliarsi al buio e velocemente, quel vedere e toccare tutto e subito, quel desiderio di affogare le proprie insicurezze in tanta velocità. Finito. Già finito, pronti per ricominciare, giusto il tempo di andare in bagno, nascondendosi dietro un asciugamano per non osservarsi nature e ricominciare tutto, subito e veloce.
Parlare poco, conoscersi meno, sospendere tutto, ansimare già.
Non sono capace di sussurrare, posso solo gridare, urlare questa impossibilità di gustarmi le emozioni. Allora apro il giornale e mentre lei ancora dorme nel mio letto, cerco un film, un nuovo film, un film che mi faccia immaginare di nuovo, che mi insegni ad assaporare, a provocare inebrianti cadute di spalline, a dare piccoli baci sul seno scoperto, a liberare la mia immaginazione erotica, a provare emozioni. Ma questa volta la spallina cade, insieme alla sottoveste, anche loro divorano emozioni in breve tempo, anche loro consumano la nudità altrui, anche loro come me. Esco dal cinema e mi sento perso, ho bisogno di un film che mi insegni ad amare.