giovedì, luglio 06, 2006

IMMAGINI



Era già mattina. Aveva fatto un brutto sogno quella notte. Una casa sconosciuta, delle persone nuove, un album di fotografie e la sua presenza che in realtà era assenza. Lui era distante, seduto nel divano più in là, in compagnia di quei nuovi amici, di quegli attori e delle loro improvvisazioni; sembrava a proprio agio, rilassato, sorridente, ma di un sorriso che non comprendeva lei. Un uomo le offrì il suo abbraccio, lei lo guardò dubbiosa, incerta se accettare, poi si appoggiò a quella spalla sconosciuta e la trovò comoda, comoda come non avrebbe immaginato, e si accasciò, perdendosi senza più pensieri. Ma d’un tratto la stessa mano di quel caldo abbraccio le mostrò un album di fotografie. Erano foto degli sconosciuti intorno a lei, volti sorridenti, divertiti, attori di copioni, amori recitati in corpi nudi, finché non vide la foto di lui, nudo, riverso nel corpo di lei, un’altra, con la bocca protesa nel suo sesso, umido nell’umido. Di colpo si irrigidì, staccandosi da quell’abbraccio sconosciuto. E’ solo finzione le dissero.

Straziata dal dolore si buttò con tutta la sua forza contro il suo uomo, lo colpì con rabbia, urlando la sua disperazione per averlo perduto e lui impassibile la guardò infastidito, forte della sua indipendenza da lei, forte di quei nuovi amici e degli interessi riscoperti.

No, no, no, nooooo.

L’urlo la svegliò di colpo. Vide una stanza intorno a lei, le pareti della sua camera. Si girò nel letto e notò lui che dormiva, con il viso all’insù e il respiro sereno.

Allora sei qui pensò? Non c’è nessuna foto, nessun sesso che hai baciato, sei semplicemente qui.

Lo guardò dormire, mentre sentiva scorrere via quel malessere. Avrebbe voluto quel corpo subito, sentire il suo sesso dentro di lei muoversi con vigore o infilarselo lentamente facendolo prima scorrere tra le sue labbra, ma non voleva interrompere quel sonno sereno, quel calore vicino, quell’assenza di album di fotografie. Decise di guardarlo e basta, magari poggiandogli una mano sul culo, accarezzandolo dolcemente, mentre l’altra mano cominciava a farsi spazio tra le labbra umide del suo sesso. Si toccò da sola, immaginando che fosse lui a farlo. Si toccò per lungo tempo, paziente come nessun uomo potrebbe essere, e intanto la mente scorreva tra le pellicole di immagini seducenti. Erano in un prato, vicino ai binari del treno, e lui si faceva spazio tra le pieghe della sua gonna, insinuandosi lentamente come una piccola formica che ti solletica le gambe. La mano fu presto accompagnata dal suo membro turgido e vigoroso, i capezzoli divennero sempre più duri, imploravano le labbra, i denti, tutta la sua bocca. Pensava: “Guardatemi voi che passate col treno, poggiate i vostri volti al finestrino, per un solo secondo, giusto il tempo di attraversare quel prato, e godete del mio godimento, amplificato dal suo sesso che si muove e si muove e si muove ancora e dai vostri sguardi che spiano, che si deliziano e che immaginano”. I capezzoli si fecero sempre più turgidi per il freddo venticello e per quella lingua che li lambiva. Vide quel meraviglioso maschio muoversi su di lei e quei piccoli volti sconosciuti scorrere, scorrere e scorrere. Godette di quel ritmo e di quell’improvviso spettacolo, lei e lui, attori e amanti di una scena da film. Si accasciò sul letto appagata, la mano ancora appoggiata sul suo culo e la testa finalmente libera da brutti pensieri.

© 2007 Cristiana Rumori