Matilde si aggirava per le vie di Monaco cartina alla mano. Era al centro di Max Weber Platz quando un uomo la sfiorò passando, Matilde alzò lo sguardo dalla mappa e chiese in un tedesco improbabile dove fosse Liebestrasse. And der Kreppe era quello che voleva chiedere, ma per qualche strana ragione le parole che uscirono di bocca furono Liebestrasse (la strada dell'amore). L'uomo non le regalò alcun sorriso, rimase cupo pur nel suo viso delicato e rispose con un secco "Ich will es nicht wissen!!" (Non voglio saperlo!).
Matilde fu come rapita da tanta brutalità, l'errore l'aveva messa di fronte a un uomo così restio a trovare la strada per l'amore. L'istinto la portò a dimenticare la via che stava cercando e provò a seguire l'uomo che si era allontanato con passo svelto. Il suo tedesco improbabile non la aiutò a spiegare bene che in realtà la via che desiderava raggiungere era un'altra e che Liebestrasse le era uscito di bocca senza alcuna ragione, tuttavia era contenta dell'equivoco perchè aveva avuto l'opportunità di chiedere ad un uomo così deluso e indispettito la ragione di tanta rabbia.
"Indispettito io?" farfugliò Jorg accelerando il passo. "Indispettito!" sottolineò Matilde, impossibile per lei accettare che qualcuno fosse all'oscuro del desiderio di provare amore. "Provare amore è come respirare – ripertè più volte – non può smettere di respirare, di annusare l'aria, inglobarla dentro di sé per rigettarla fuori trasformata, rigenerata..." Il suo tedesco migliorava di parola in parola, non se ne rese quasi conto, il desiderio di comunicare la rendeva perfettamente a proprio agio con la lingua che tentava di studiare a fatica da qualche mese. Concetti fluidi, interlocutori, ma incredibilmente di effetto, spinsero Jorg a rallentare l'andatura fino a prendere il ritmo di una passeggiata.
Di pensiero in pensiero Matilde assimilava il tedesco e Jorg imparava a camminare osservando il paesaggio intorno a lui. Ad un tratto cominciò a guardare quella donna così caparbia, insistente, testarda ma curiosamente intrigante. Indossava un cappello che provava a contenere tutti quei capelli ricci, ribelli, arrotolati come i suoi pensieri puri e proiettati verso il mondo intorno a lei.
"Ma chi era questa donna? Da dove veniva? Cosa l'aveva portata lì? E dove pensava di andare?".
Jorg non aveva mai creduto di porre tali domade ad una donna, riteneva di avere già chiare le risposte, ad una sconosciuta per giunta, un esserino sfiorato per la via, come miriade volte nelle sue giornate affollate di metropoli. Volti che passavano frettolosi, che parevano non notare nulla se non il pensiero della meta che li attendeva, l'appuntamento organizzato con anticipo, gli impegni quotidiani, le commissioni da fare, tempo gestito in ogni particolare, tratteggiato di punto in punto senza consentire rallentamenti non previsti. Ora di parola in parola Jorg aveva gioiosamente dimenticato il motivo per cui era uscito di casa, l'impegno non era più un impegno; l'aveva dimenticato, semplicemente, e l'unica cosa che pareva importante ora era continuare a passeggiare con Matilde.
Ascoltò, domandò, cominciò a rendersi conto dei suoi respiri. Parevano potenti, pieni, rilassanti. Necessari.
Respirò tutto il giorno fino a quando, di fronte ad un albero che copriva la facciata di un edificio, scorse dietro i rami il marmo con inciso il nome Liebestrasse. Fu a quel punto che fermò il passo e, come inebetito, iniziò a sognare.
© 2010 Cristiana Rumori